La fata delle tre noci





  La fata delle tre noci





C’era una volta una famiglia formata da padre madre e tre figli. Abitavano tutti al limitare del bosco in una casa poverissima perché, del resto, poverissimi erano tutti e cinque.

Un giorno (un brutto giorno) il padre si rese conto che non avevano più nulla da mangiare e che presto lui, la moglie e i tre ragazzi sarebbero morti di fame. Parlò allora con la moglie cercando un rimedio alla loro triste situazione.

Disse alla moglie: - “Dobbiamo allontanare i nostri figli da qui se no moriranno certamente di fame perché non abbiamo più di che nutrirli. Li manderemo per il mondo in cerca di fortuna. Speriamo che se la possano cavare e possano trovar da mangiare anche per noi. Li manderemo via insieme tutti e tre così potranno aiutarsi tra di loro.”

La donna pianse ma dovette dar ragione al marito perché anche lei si rendeva conto che non c’era più cibo.

Prepararono quindi i tre ragazzi per il viaggio raccomandando loro di aiutarsi reciprocamente e di comportarsi onestamente come era stato loro insegnato in famiglia.

Diedero al maggiore,  per sostenere sè e i fratelli durante il viaggio,  un sacchetto di noci che era l’ultima risorsa che aveva la famiglia, raccomandandogli di farle bastare il più a lungo possibile.

Dopo saluti, pianti e abbracci i tre fratelli partirono e si inoltrarono per la strada che attraversava il bosco e che doveva portarli verso paesi e città a loro sconosciuti dove avrebbero cercato salvezza e fortuna. Il maggiore camminava davanti col suo sacchetto di noci e gli altri due dietro tenendosi per mano.

Dopo aver camminato per un giorno intero ebbero fame e sete quindi si fermarono presso un torrente. Il maggiore aprì il sacchetto e distribuì poche noci a ciascuno. Dopo averle mangiate il più piccolo disse: - “Io ho ancora fame!”. -”Anch’io!” disse il fratello di mezzo.

Ma il maggiore chiuse il sacchetto e disse: -”No, dobbiamo risparmiarle per domani e anche per dopodomani e anche per dopodopodomani e anche per dopodopo….

-”Va bene, va bene!” - disse il più piccolo - “Abbiamo capito!” E poiché cominciava il buio

si sdraiò sull’erba per riposarsi e magari dormire dimenticando la fame.

Anche gli altri due si sdraiarono e presto si addormentarono.

La mattina dopo si svegliarono al canto degli uccelli. Si alzarono e si lavarono al torrente quindi si rimisero in cammino.

Arrivati ad un certo punto del bosco incontrarono sulla strada una vecchietta tutta curva e piena di acciacchi che chiedeva l’elemosina. Il più grande strinse di più il sacchetto con le noci rimanenti pensando che se avesse fatto la carità le noci non sarebbero più bastate per sè e per i fratelli. Però la vecchietta gli faceva veramente una gran pena e lui, in fondo, era un ragazzo veramente di buon cuore. Guardò negli occhi i due fratelli che capirono al volo.

Io gliene do una delle mie” - Disse loro.

Dagliene anche una delle mie!” - disse il secondo fratello.

Anche una delle mie!” - disse il più piccolo.

Tutti e tre erano veramente dei buoni ragazzi. Così il maggiore aprì il sacchetto e diede alla vecchietta tre noci. -“Di più non posso” - disse - “ Perché non bastano nemmeno per noi!”

La vecchietta sorrise e disse: "Oh! Per la mia fame bastano e avanzano!" e improvvisamente si raddrizzò.

Di colpo si trasformò e al posto della vecchietta povera apparve una fata bellissima vestita con un vestito trapunto di stelle con tanto di bacchetta magica.

Miei cari ragazzi “- disse - “Sono veramente commossa dalla  vostra generosità. So quanto vi sia costato darmi una parte del vostro cibo perché so da dove venite e per quale motivo siete in viaggio. Neanche io posso andare contro il destino degli uomini, ma, come avete fatto voi per me, posso anch’io farvi un dono.

Prese in mano una delle tre noci che aveva avuto in elemosina e toccandola con la bacchetta magica che sprizzava scintille e guardando sorridendo il fratello maggiore disse:

A te dono una noce di...fortuna” - Poi porgendola al ragazzo gli mostrò come aprirla. La noce era piena di una polverina brillante e luminosa. Disse la fata: “Quando avrai bisogno di un po’ di fortuna dovrai fare così”:

Ne prese un pizzico, la gettò in aria e disse: -“Pizzizicò, pizzizichì, che la fortuna venga qui!”-

La polverina cadde sul ragazzo come una pioggia luminosa e brillante.

Poi la fata si rivolse al secondo fratello e prendendo la seconda noce gli disse: “A te voglio donare una noce di...saggezza!”. E toccò con la bacchetta magica la noce e a lui la porse e disse: - “Quando avrai bisogno di prendere importanti decisioni, per non sbagliare scelta dovrai dire: "Pizzizicò, pizzizichì, che la saggezza venga qui!”- E anche il secondo fratello fu inondato da una pioggia luminosa di stelline d’oro.

Si rivolse quindi al più piccolino. A lui, che stava a guardare con la bocca aperta, disse: - “A te voglio donare una noce di...bontà! Quando intorno a te ci sarà solo cattiveria dovrai prendere un pizzico di polvere magica e dire: "Pizzizicò, pizzizichì, che la bontà venga qui!”

E per mostrargli come fare aprì la noce, prese un pizzico di polverina e la sparse nell’aria sopra il fratellino più piccolo. Poi gli porse la noce.

A questo punto la fata si accomiatò augurando loro ogni bene. Raccomandò loro di usare i doni con giudizio perché la polvere magica non era illimitata e, finita la polvere, le noci non sarebbero state altro che gusci vuoti.

I ragazzi, felici dell’avventura a loro toccata, ogn’uno con la sua noce speciale in tasca, proseguirono per la strada.

Camminarono ancora per due giorni finché arrivarono nei pressi di una città. Lì si fermarono a pensare a cosa fare perché durante il viaggio avevano mangiato tutto il contenuto del sacchetto e cioè tutte le noci. Gli restavano soltanto le tre noci della fata.

Cosa faremo una volta giunti in citta?” - Disse il maggiore - “Non abbiamo denaro né più nulla da mangiare.” “Qui ci vuole un po’ di fortuna”- disse il secondo. ”Sì, ma che tipo di fortuna?” - chiese il più piccolo. “Proviamo!” - disse il maggiore. Prese la noce, l’aprì e...: “Pizzizicò, pizzizichì, che la fortuna venga qui|”- Una pioggerellina di stelline d’oro cadde su di loro ma poi non successe niente.

Non funziona!” - disse il secondo fratello.- “Prova di nuovo!”. “No!” - disse il maggiore -”La polvere magica può finire, non dobbiamo sprecarla. Può darsi che faccia effetto fra un po’”.

Così proseguirono verso la città. Sul finire del bosco qualcosa per terra attirò lo sguardo del fratello maggiore. Si chinò e tra le foglie trovò un bellissimo anello d’oro tempestato di pietre preziose.

Questa sì che è fortuna!” - dissero i fratelli più piccoli. - “Possiamo venderlo e portare i soldi al babbo e alla mamma! Possiamo comprarci da mangiare!” E proseguirono per la strada.

Arrivati che furono in città, per le strade c’erano molti negozi con cose buone e i fratellini pensarono di vendere l’anello trovato per comprare qualcosa da mangiare.

Quando si avvicinarono alla bottega del fornaio, videro che sulla porta era appeso un cartello con un avviso. Si avvicinarono e lessero: “ La Regina durante una passeggiata a cavallo ha smarrito il suo prezioso anello. Chi lo avesse trovato deve consegnarlo al Palazzo Reale. Chi fosse trovato con l’anello sarà punito con la morte”.

I fratelli si guardarono sconcertati ma per non rischiare chiesero la strada per arrivare al Palazzo. Quando arrivarono spiegarono alle guardie quello che era successo e consegnarono l’anello. La Regina fu subito informata e volle conoscere i fratelli per ringraziarli. Donò loro, per riconoscenza, un sacchetto di monete d’oro e li congedò.

I ragazzi, felici, tornarono in città dove con una moneta si comprarono un buon pranzo e, anzi, di una moneta d’oro ebbero in resto molte monete d’argento.

Cosa faremo di tutte queste monete?” - chiese il fratello più grande rivolto agli altri due.

-”Potremmo comprare tante cose da mangiare da portare a casa ai nostri genitori” - propose il secondo fratello.

-”Potremmo proseguire il viaggio in cerca di altra fortuna” - disse il più piccolo.

-”Potremmo portare le monete ai nostri genitori e poi proseguire in cerca di altra fortuna”- disse il maggiore. Poi si rivolse al secondo: “Tu hai la noce di saggezza, usa un po’ di polvere magica così non sbaglieremo scelta".

Detto, fatto! Il secondo aprì la noce e … “Pizzizicò, pizzizichì, che la saggezza arrivi qui!”.

Una pioggerellina di stelline d’oro circondò i tre fratelli e subito scelsero, tutti e tre, la terza soluzione.

Torniamo a casa con le monete d’oro e così faremo felici i nostri genitori e, tutti insieme, faremo una vita migliore!”.

Deciso che ebbero ciò, dopo essersi procurati provviste per il viaggio, si rimisero in cammino per tornare a casa.

Cammina, cammina, si inoltrarono nel bosco cercando la strada già percorsa all’andata ma...questa volta non fu, per loro, così facile il percorso: sbagliarono strada.

Cerca di qua, cerca di là, girarono e rigirarono nel bosco senza arrivare da nessuna parte.

Intanto si era fatto buio e i fratelli, ormai tanto stanchi, decisero di fermarsi a dormire per la notte. Scelsero un posto riparato sotto un grande albero e lì si addormentarono.

Nel mezzo della notte furono improvvisamente svegliati da grandi urli e risate agghiaccianti.

Erano stati sorpresi da una banda di ladroni, veri briganti con spade e coltellacci.

Subito furono derubati delle monete d’oro e delle provviste legati mani e piedi all’albero presso il quale avevano dormito.

I fratelli, piangendo raccontarono la loro storia cercando di impietosire quei brutti ceffi che avevano per capobanda un tipaccio che avrebbe impaurito i soldati del Re. Ma invano.

Anzi sentirono il Capo che parlava con gli altri dire che voleva ucciderli per non rischiare, un domani, di essere riconosciuto e arrestato dalle guardie.

I fratelli erano pieni di paura e disperazione. Improvvisamente sembrò loro di sentire una vocina all’orecchio che diceva loro: “Usate i doni che avete avuto!”. Era la voce della fata delle tre noci.

Il più grande cercò di cavare dalla tasca la noce di fortuna per usarne. Mai come in quel momento ne sarebbe servita di fortuna! Ma non riuscì perché tutti e tre avevano mani e piedi legati.

Il più piccolo ebbe un’idea.

Ehi tu, Capo dei briganti!” - chiamò.

Il capo si voltò con un brutto ghigno cattivo.

Se mi sleghi, se non ci uccidi, ti mostro dove c’é dell’altro oro!”.

Al sentire parlare di oro il capo lo fece subito slegare.

Il ragazzo si alzò e cercò in tasca la sua noce.

Quando videro la noce i briganti si misero a sghignazzare e il Capo, con le mani sui fianchi e lo sguardo minaccioso, lo guardò torvo pensando di essere stato raggirato.

Ma il ragazzo aprì la noce e…”Pizzizicò, pizzizichì, che la Bontà venga qui!”. E lanciò in aria verso tutti i banditi tutta la polverina magica della sua noce e una pioggia d’oro cadde su tutti loro.

Con un “Ohhh!” di meraviglia i banditi si guardarono l’un l’altro e cercarono di afferrare tutte le innumerevoli stelline d’oro che cadevano su di loro. Poi improvvisamente cominciarono ad abbracciarsi presi tutti da una grande bontà.

Oh, cari ragazzi” - disse il Capobanda - “Sono veramente dispiaciuto di tutto quello che vi è capitato! Vi restituiremo le vostre monete, anzi ve ne daremo delle altre perché le portiate ai vostri genitori"

(Il seguito a presto)


3 commenti:

  1. Mi scuso del ritardo nella risposta. Devo completare la fiaba con il ritorno a casa dei tre fratelli. Che almeno nelle fiabe tutto finisca bene mi sembra un diritto dei bambini! Grazie del commento

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